8 DONNE E UN MISTERO Mercoledì 21 Aprile al Romeo's

Regia: Francois Ozon
Sceneggiatura: Francois Ozon, Marina De Van (tratto dal testo teatrale di Robert Thomas)
Attori: Catherine Denueve, Emmanuelle Beart
Produzione: Francia 2002
Durata: 103’Voto: 8+/10
“8 Donne e un mistero” è un film di Francois Ozon interpretato da Catherine Denueve e altre attrici francesi che sicuramente a qualcuno di voi diranno qualcosa, ma io sinceramente prima di questo film non le avevo mai incrociate; per la serie “ma chi ve l’ha data la patente?” (?!?) vorrei sottolineare ancora una volta il misfatto della differenza del titolo italiano, l’originale è “8 Femmes”, in Italia è stato aggiungo il “mistero” per poter raccattare qualche spettatore in più.

In controtendenza ai thriller moderni, dopo dieci minuti abbiamo già conosciuto sette donne e il mistero, dovremo aspettare solo altri cinque minuti per l’ottava donna, il cerchio è chiuso, i fili del telefono tagliati, la macchina sabotata, il cancello invalicabile, la porta della stanza del morto chiusa a chiave, rimane spazio solo alle indagini.
Eh già, perché le sette donne che popolano la casa sono presentate brevemente ma significativamente in pochissimi minuti, la padrona di casa è Gaby, cinquantenne benestante sostenuta dalle ricchezze del marito, si dedica a pellicce e cappotti leopardati, un po’ vamp un po’ padrona di casa autoritaria, sicuramente infelice; Gaby ospita gentilmente in casa sua sorella Augustine, una zitella quattrocchi che scarica la sua infelicità trattando male il prossimo e gongolandosi nella propria castità e fermezza, la loro madre, una vecchiettina perennemente sulla sedia per problemi motori dei quali non tralascia mai di lamentarsi, detiene un bel gruzzoletto in titoli.

Ad occuparsi della casa c’è una cameriera biondina molto cortese e sottomessa, non dice mai una parola di troppo, è contenuta nei modi e curata nell’aspetto, la donna numero cinque è Chanel (sono troppo simpatico, ho manipolato l’elenco per questa chicca), la matrona di casa, vive in un padiglione staccato dalla casa, è la stereotipata tata buona che ognuno si immagina, corporatura generosa e affetto straripante; le altre due “donne” di casa sono le figlie di Gaby, la maggiore, Suzon, è appena tornata da Londra felice di rivedere tutta la sua famiglia ma soprattutto il padre e la piccola peste Catherine è una ragazzina tutto pepe che, come direbbe il mago Forest, è senza peli sulla lingua.
Tra saluti e baci, le sette donne si ritrovano tutte nel salotto di casa, l’uomo di casa dorme ancora, ma quando Louise, la cameriera, sale le fatidiche scale per svegliare il padrone con una buona colazione lo trova accoltellato in un letto di sangue, le donne sono stravolte. La piccola Catherine prende in mano la situazione, chiude a chiave la porta per lasciare le prove alla polizia, perché l’assassina è senza dubbio una di loro.

A questo punto entra in scena l’ottava donna, Pierrette, la sorella di Marcel, l’uomo di casa, misteriosamente avvisata dell’omicidio da una telefonata anonima, così le otto donne sono rinchiuse nella casa (no, non la caaaaaaasa), tutti i collegamenti con la città sono tagliati, telefono auto e vie d’uscita sono precluse, non resta altro che attendere in casa, unica regola: nessuno deve lasciare la casa.

A questo punto inizia la vera e propria pellicola, cominciano le indagini, condotte principalmente dalle due ragazze, come da manuale si ascolta la versione di ognuna sulla notte passata, ognuna dirà la sua, contraddicendo un’altra e accusandone un’altra ancora, le otto donne sono davvero una contro l’altra, non ci sono alleanze, saltano fuori misteri insospettabili, altarini sorprendenti, tresche fra le frasche e bische, nessuno è quello che sembra, nessuno fa quello che dice, nessuno dice quello che fa, un intrigo davvero affascinante.
Le donne si esibiscono a turno in strani pezzi da musical in cui cantano i loro segreti e la loro infelicità, questo, nonostante le tante critiche, a mio parere rappresenta in modo perfetto l’impronta farsesca che Ozon ha dato a questa pellicola; lo scherzare con lo spettatore, il dare un indizio per poi rivelare qualcosa di contraddittorio, il confonderlo fino a farlo dubitare di tutto, la bottigliata in testa alla nonna e la sua reclusione nel ripostiglio per la siesta, insomma Ozon dialoga davvero molto bene con lo spettatore usando sapientemente la camera e dosando perfettamente la sceneggiatura.

Il setting del film è l’interno della casa, la maggior parte della vicenda si svolge al pian terreno, nel salotto, anche se bisogna sottolineare l’importanza simbolica della scala e la lieve presenza degli esterni, non a caso l’unico esterno mostrato veramente è quando una protagonista risolve il caso salvo poi essere zittita da una pistola; insomma la stessa trama avremmo potuto benissimo vederla rappresentata a teatro e infatti il film è basato sull’omonima opera teatrale di Robert Thomas, che è stato trasformato in una la sceneggiatura con dialoghi serrati ed evidenza dedicata ai primi piani, ai visi delle interpreti e alle loro veroniche facciali.
Torniamo alle attrici, dalla prima all’ultima meravigliosamente nella parte e bravissime a sostenere gli indiscreti primi piani di Ozon, ottime nell’insinuare anche con la recitazione il dubbio della colpevolezza, in rigoroso ordine di bravura, anche se questa è un’operazione difficile troviamo all’ottavo posto Firmine Richard nei panni della tata Chanel; al settimo la nonna interpretata da Danielle Darrieux, poi Catherine Deneuve nel ruolo di Gaby; al quinto posto Funny Ardant nei panni di Pierrette e poi Emanuelle Beart nei panni della bella Louise; al gradino più basso del podio metterei Virginie Ledoyen che interpreta Suzon, medaglia d’argento per la giovanissima Ludivine Sagnier nei panni di Catherine e primo posto senza possibilità di appello Isabelle Huppert nel ruolo di Augustine, una trasformista che interpreta egregiamente entrambe le facce della zia zitella.

Sul passato di Francois Ozon non posso esprimermi non avendo sperimentato direttamente gli altri suoi tre quattro lavori precedenti, ma “Swimming Pool” mi pare uno dei troppi flop-thriller moderni, quindi credo che aspetterò la sua prossima fatica per rivederlo ed esprimermi, nel frattempo gli faccio i complimenti per questa pellicola.
In conclusione mi sento di consigliare veramente a tutti questa pellicola, di solito chi mette troppa carne al fuoco finisce per farla bruciare tutta, invece credo che il mix di giallo, musical e commedia di questo film sia davvero ben riuscito.

Adriano Lo Porto, Aprile 2004

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